di Rosella Presciuttini

28/01/2023

Nicola Pesce, nasce a Salerno, all’età di sedici anni aveva già scritto oltre 10 romanzi e 100 racconti. Ancora minorenne ha fondato Edizioni NPE, oggi una delle prime venti case editrici di fumetto in Italia, diventando uno dei più giovani editori distribuiti sul territorio nazionale.

Piccolo imprenditore seriale, si alterna tra l’editoria ed altre società che ha fondato o che gestisce, ritagliandosi spazio per leggere una infinità di libri classici, scrivere i suoi romanzi (che fino al 2019 non aveva mai voluto pubblicare) e viaggiare armato di portatile, penna e agendina. Sui suoi social ha creato una comunità di appassionati lettori con i quali condivide l’amore per i libri, la natura ed il tè.

E questa intervista nasce proprio da lì, dalla suggestione letteraria dei post che Nicola scrive sulla sua pagina Facebook https://www.facebook.com/NicolaPesceHimself  sul suo mondo, sulle sue giornate, sulla sua solitudine che, infine, è anche un grande privilegio.

Immagino che la nostra intervista “virtuale” avvenga in campagna, con il sottofondo dei rumori della natura, del soffiare del vento, del ronzare di una mosca, con i  pensieri persi nel caldo dei raggi di un sole di primavera. Me lo immagino assorto nel silenzio dei suoi pensieri rispondere alle mie domande. La realtà, invece, si trasforma in parole scritte che vanno e vengono su una linea internet che elimina le distanze, hic et nunc il nostro esistere nello spazio e nel tempo, qui e adesso.

 

Ti definisci uno scrittore, ma soprattutto un lettore. Asperger e gentiluomo, innamorato della vita lenta e delle piccole cose. Quali sono le letture che ti hanno affascinato o cambiato di più?

 “Definirmi” è un parolone. Ho messo delle parole in fila sul mio sito, perché non potevo lasciare vuoto! Ma se dovessi definirmi direi che sono un animaletto. Tuttavia questo avrebbe confuso i miei lettori! Il libro che mi ha cambiato di più è stato certamente «I fratelli Karamazov» di Dostoevskij. Ha fatto di me un uomo buono. O almeno un uomo che cerca di essere buono. Prima ero davvero un ragazzino antipatico e spocchioso. Adesso sto lavorando su di me per rendermi migliore. Non sempre ci riesco, ma credo che il succo stia nel provarci.

Asperger è un limite o una risorsa aggiuntiva che ti aiuta nella scrittura?

Per me essere Asperger è un limite o una risorsa tanto quanto avere gli occhi castani o gli occhi verdi. È un elemento della mia vita che certamente mi dà un modo di vedere le cose non usuale. Una volta all’università feci un esame stupidissimo (mentre leggevo il libro continuavo a chiedermi “ma cioè davvero questo significa studiare all’università?”). Era un libro sulla montagna. Diceva che se la vediamo come un limite, un problema per i suoi abitanti, allora tutte le leggi che verranno fatte saranno “per cercare di salvarla” e non risolveranno niente. Se invece la vedessimo come una risorsa, come una cosa buona e bella, allora si riusciranno a fare interventi con un impatto positivo. All’esame se dicevi questo prendevi trenta e lode. Penso valga lo stesso per l’essere Asperger, per l’essere alti due metri, per l’essere su una sedia a rotelle. Si potrebbe pensare che un aquilone vola per via del vento, invece vola per via della fune.

Hai cercato di superare la tua “diversità” in passato, sei riuscito a “integrarti”, hai faticato per farlo, ci sei riuscito oppure sei felice di non averlo fatto?

Ahimé non mi sono mai integrato da nessuna parte. Tuttora io non sono integrato. Solo che prima desideravo ardentemente di avere amici, e non vi riuscivo. Mi rifiutavano. Adesso invece adoro la mia solitudine e faccio di tutto per difenderla. Un po’ di fama ha giustamente reso più difficile la cosa. Ora sarebbe facile avere amici, ma io non sto bene in pubblico per più di un’ora di fila! Tuttora io non sono in grado di stare seduto a una tavola a parlare del più e del meno. Cioè: sono bravissimo a far finta. Ma non fa per me.

Ami le piccole cose perché in esse è racchiuso in fondo l’universo, qual è la tua fonte di ispirazione?

Amo le piccole cose perché le grandi non esistono. Dio, Amore, Infinito, sono tutte cose che non possiamo toccare. La gente se ne riempie la bocca quando non sa che dire, o se deve nascondere qualcosa. Una volta un filosofo stimato da tutti mi disse che il mondo era governato dalla Volontà, ovviamente citava Schopenhauer. Io gli risposi che per Anassimandro era l’acqua, per Schopenhauer la Volontà, per Hegel lo Spirito e per me erano i pelucchi verdi del mio tappetino ai piedi del letto. Si offese molto. Cercai di spiegargli che i miei pelucchi verdi erano validi e dimostrabili non solo quanto la Volontà e lo Spirito, ma anche di più, perché effettivamente io potevo toccarli, e talora me ne ritrovavo un po’ sotto ai calzini. Io non parlo di Misericordia con la M maiuscola, io dono un abito. Io non parlo di Amore, io faccio una carezza. Io non reggo l’Infinito, ma annuso un fiore.

Dopo il successo dei tuoi primi libri di cui sei stato anche editore ora arriva il secondo contratto con Mondadori per un altro romanzo dopo “La volpe che amava le piccole cose”. Sarà sempre lei la protagonista?

Il prossimo libro non sarà su Aliosha, la piccola meravigliosa volpe che amava i libri. Che tra l’altro è il nome di uno dei protagonisti dei «Fratelli Karamazov» che dicevamo prima, quello che mi colpì maggiormente. Ho in serbo nel cuore ancora mille cose che mi hanno raccontato la volpe, il topolino e il corvo, ma devono prima riposare, come un buon vino. Quando un rosso è un buon vino, ha i tannini molto forti. Se lo bevi i primi anni è imbevibile. Se aspetti il tempo giusto sono proprio quei tannini a diventare sapori, odori. E quindi devo dare il giusto tempo a queste nuove storie della taiga siberiana!

Il tuo rapporto con i social e i follower, è un limite o un’opportunità?

Dicevo all’inizio, che io sono un animaletto. Non ragiono in termini di limiti e opportunità. Se tu mi dicessi A o B, io ti risponderei “giallo”, o “21”. Non sono un patito dell’incasellare la vita in definizioni. Posso dirti che i social presentano una certa dose di disagio, perché le persone soffrono e si sfogano molto. Prima si sfogavano al bar sotto casa e quindi per non sentirle bastava non andare al bar. Ora si sfogano sui social, si radunano, e questo è persino pericoloso. Ma i social siano benedetti. Perché senza di essi io mai avrei potuto mostrarmi al grande pubblico per il fessacchiotto che sono. Chi mi avrebbe dato la possibilità? La televisione? Prima dei social la fama te lo poteva dare solo la fortuna o le amicizie. Adesso chiunque ha qualcosa da dire e la dice con costanza può farcela.

Nicola Pesce  ha pubblicato sette romanzi, tutti disponibili on line e  in libreria:

Le cose come stanno

Il fiato di Edith

La cura del dolore

La volpe che amava i libri

L’uomo più piccolo del mondo

I Fiori del Bene

La volpe che amava le piccole cose